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Che la notizia non sia trapelata è un segnale preoccupante – specialmente in un momento storico in cui in Russia si assiste alla lenta ricostruzione di una struttura statale totalitaria ad opera di un ex-gerarca del Kgb – e preoccupante è anche la singolare circostanza che la provincia di Piacenza abbia inviato una fantomatica “Delegazione per il gemellaggio Piacenza F.C. – Lokomotiv Mosca” immediatamente in seguito alla pubblicazione del “Rapporto Divtri-Kalinov”. Cosa sia andata a fare la delegazione piacentina e quali siano stati gli esiti della missione non è dato saperlo: ancora troppo radicata è nella nostra provincia la bieca abitutine di avvalersi di metodologie da Guerra Fredda e, forse, ancora troppo radicati sono gli interessi geopolitici russi sulla nostra città. Sia come sia, la verità fatica ad emergere.

Torniamo comunque a quei terribili anni. Siamo nel 1948, la situazione politica italiana è una polveriera e il giovane Ersilio Tonini si divide fra gli studi seminariali a Roma (qual migliore attività di copertura?) e regolari ritorni a Piacenza. Riportiamo direttamente le parole del Cardinale tratte da un’intervista di qualche anno fa: “Ancora prima, studente a Roma, andavo a Cogno San Bassano per un po’ di vacanza presso il parroco. In quegli anni – era il 1948 – ci si trovava spesso con i sacerdoti della zona per incontri comunitari, per passare un po’ di tempo assieme”. (Libertà, 20 Giugno 2002).

A proposito di quegli “incontri comunitari” sul Rapporto Divtri-Kalinov leggiamo: “4 Marzo 1948. L’agente Vakulincuk si reca in località C.S.B dove incontra i suoi sottoposti, impartisce ordini, appura l’integrità politica degli agenti e censisce l’arsenale nascosto che i partigiani hanno sotterrato nei pressi di C.S.B.. L’agente Vakulincuk riferisce di aver trovato ancora in buone condizioni: 83 fucili Enfield, 15 mitragliatrici pesanti Vickers, 18 mitragliatrici FIAT-Revelli mod.35, 3 casse di granate a frammentazione MK2, 7 forme di parmigiano, 45 coppe piacentine, 28 pancette, 3 barili di ciccioli, 17 culatelli, 35 provole affumicate, 4 forme di gorgonzola, 2 ricottine fresche fresche, 10 casse di gutturnio, 10 di barbera, 5 di malvasia e una spruzzata di seltz. L’agente Vakulincuk chiede quali siano le disposizioni circa le provviste ormai giunte a stagionatura ottimale”.

Le attività dell’agente Vakulincuk dunque si svolgono in perfetta tranquillità fino all’estate di quell’anno, fino a quel tragico 14 Luglio 1948.

Riportamo l’agenzia ANSA di allora: “Roma 14 luglio- Stamane, verso le 11,30, mentre l’Onorevole Togliatti usciva dalla porta del Palazzo di Montecitorio, in compagnia dell’On. Leonilde Jotti, veniva affrontato da un giovane che poi si è appreso essere Antonio Pallante, studente universitario venticinquenne, il quale gli sparava contro alcuni colpi di rivoltella- sembra quattro- tre dei quali lo raggiungevano in varie parti della regione toracica.” (Comun. ANSA ore 12,00)

Il paese precipita nel caos, si fa strada l’ipotesi di un moto rivoluzionario. Don Tonini è a Roma e torna a Piacenza in fretta e furia, arriverà solo in serata ma l’apparato che ha messo in piedi è perfettamente funzionante e tutto è pronto per l’insurrezione. Citiamo ancora dal Rapporto D-K: “14 Luglio 1948, ore 22:30. Vakulincuk raggiunge i suoi compagni, appura quale sia lo stato dei preparativi e per tenere alto il morale acconsente a partecipare ad una cena conviviale. Vakulincuk riferisce che la situazione comincia a degenerare intorno alle 24.30 a causa delle intemperanze degli ex-partigiani presenti: ormai vistosamente ubriachi, questi ultimi si abbandonano a facezie di bassa lega, a brindisi dall’integrità politica dubbia (“Viva la figa e chi la spisiga, evviva la brugna e chi la pastrugna” – originale in italiano nel testo -), e a pesanti motti di spirito circa i compagni meridionali presenti in sala”.

Da qui in avanti il testo diviene enigmatico e la sua interpretazione ha richiesto un duro lavoro agli storici.

Cos’è che andò storto? Come mai l’ipotesi rivoluzionaria finì nel nulla? Chi è che aveva accatastato quintali di salumi ed armi sui colli piacentini? Cosa ne fu di quell’arsenale?

Per rispondere a tutte queste tragiche domande è necessario ripercorrere la storia di una figura mitologica della resistenza piacentina: il partigiano Jahnni.

(fine seconda parte)

Dopo il crollo dell’ Unione Sovietica, gli archivi dell’ ex-KGB (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti) stanno lentamente aprendosi alla ricerca degli storici. Fra documenti segreti che sono stati recentemente resi pubblici ve n’è uno di cui in Italia s’è parlato, ahimé, troppo poco.

Stiamo parlando del “Rapporto Divtri-Kalinov” che contiene tutta la documentazione circa le attività spionistiche Sovietiche all’interno della Curia di Piacenza durante la seconda metà degli anni 40 – attività dirette a preparare il terreno nell’eventualità che il PCI si risolvesse per la rivoluzione. Ma andiamo con ordine.

Secondo quanto è emerso, il Cremlino aveva proparato un piano strategico-militare per una eventuale rivoluzione italiana sin dall’ Autunno del 1945. Il piano era stato consegnato a Togliatti durante un suo viaggio a Mosca nella Primavera del 1946 ed in quell’occasione lo stesso Stalin gli ordinò di iniziare un’opera capillare di “preparazione”: Togliatti avrebbe dovuto prendere contatto con gli uomini del KGB infiltrati nelle alte gerarchie delle amministrazioni provinciali e comunali dei capoluoghi “strategicamente salienti” ed impartire loro l’ordine di creare una rete di sabotatori “dormienti”, pronti ad entrare in azione al momento opportuno. Fra le città al centro delle trame Bolsceviche troviamo anche la nostra bella Piacenza.

Perché la nostra bella, tranquilla Piacenza? Per due motivi: 1) L’importanza strategica dell’arsenale qui situato (Polo Mantenimento Pesante Nord); 2) La presenza del Reggimento genio Pontieri [“Per ogni ponte una superba sfida”].

I sabotatori avevano dunque due compiti: il più semplice era quello di infiltrarsi entro il gruppo degli addetti alla manutenzione dell’artiglieria pesante per minarne l’efficienza, il secondo era molto più complesso. Si trattava questa volta di inserirsi entro gli alti gradi del Genio Pontieri per formare un nucleo di agenti segreti del KGB perfettamente addestrati all’arte del costruir ponti.

Questa seconda missione apparirà forse meno bizzarra quando ci si ricordi che l’intera rete stradale italiana, già da allora, era costruita in modo da impedire una rapida discesa dei carri armati russi. Se per gli strateghi del Cremlino le strade italiane erano un serio problema, i ponti erano addirittura disperanti: dei veri e propri “imbuti” che avrebbero fatalmente rallentato la rincorsa dell’Armata Rossa. Di qui l’importanza della presenza in italia di agenti segreti addestrati dallo stesso esercito italiano e pronti ad avvalersi delle sue stesse strutture nel minor tempo possibile. Si calcolava infatti che la rivoluzione, per andare a buon fine, avrebbe dovuto concludersi in pochi giorni.

Il piano prevedeva dunque che, attraverso i materiali ed il know-how del nostro Genio Pontieri, per garantire un veloce intervento Sovietico, venissero tempestivamente costruiti ponti di fortuna sul Po, sull’ Adige, sul Danubio, sulla Moldava e sul Dnepr: il cosiddetto “Corridoio Mosca-Piacenza”.

Ovviamente un piano così complesso necessitava di un’attenta regia ed è qui che sul fascicolo compare una fotografia che ha lasciato attoniti gli storici:

La didascalia recita “Agente infiltrato Vakulinkuk” e sull’identificazione non ci possono essere dubbi: si tratta proprio del Cardinale Ersilio Tonini.

(Continua…)